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Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. II, 1935 – BEIC 1916917.djvu/289

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libro quinto - capitolo vi 283


cilio: il quale quando li mancherá, ricorrerá al rimedio proposto da suo fratello di un concilio nazionale, che solo può provveder alle necessitá del suo regno. Ordinò anco all’ambasciatore che si dolesse con Sua Santitá che, avendo il re suo fratello procurato con tanta instanza l’apertura del concilio, nondimeno nella bolla non si facesse menzione alcuna particolare onorevole di lui; il che ognuno vedeva esser stato per non nominar il re di Francia immediate dopo l’imperatore. Non restò per questi rispetti il re, a fine di promover il negozio della religione, di scrivere nel medesmo tempo una lettera alli prelati del regno che si dovessero preparar per incamminarsi al concilio e trovarvisi al tempo della convocazione, della qual lettera mandò anco copia a Roma.

Fu avvisato il pontefice dal suo noncio che dagli uffici del Cardinal di Lorena veniva il motivo del re contra la bolla, perché mostrava il concilio dover esser una continuazione; e udita l’esposizione dell’ambasciatore, rispose maravegliarsi che il re, il quale si tiene di non riconoscere superiore, s’assoggettiva alla discrezione d’un altro principe, a cui non tocca impedirsi in tal affare, ma rapportarsi al vicario di Cristo, al quale appartiene la moderazione di tutto quello che concerne la religione; e che la bolla fatta da lui era approvata da tutti gli altri, e non aveva alcun bisogno di reformazione, ed egli era risoluto che restasse cosí fatta come era. Che quanto al nominare nella bolla il re di Francia, egli non ci aveva pensato; e li cardinali, a’quali egli aveva dato il carico di farla, avevano creduto bastare che fosse nominato l’imperator e tutti li re in generale, altrimenti sarebbe stato bisogno, nominandone uno, nominarli tutti; che egli non aveva avuto cura salvo che del sustanziale della bolla, lasciando il soprappiú alli cardinali.

Questa risposta non satisfacendo alli francesi, a’ quali pareva che la loro preminenzia non dovesse esser passata con termini generali, cosí per la loro grandezza, come per li meriti verso la sede apostolica, infine il papa li contentò, dicendo che non sempre si può aver l’occhio a tutte le cose, ma che per l’avvenire sarebbe diligente in avvertire che non fosse fatto