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308 l'istoria del concilio di trento


Fece anco la regina scusare, per mezzo dell’ambasciator regio al pontefice, con la Santitá sua il medesmo colloquio, facendogli considerare che per far tacere gli ugonotti, quali dicevano di essere perseguitati senza esser auditi, e per ritardare li moti loro, il re era stato costretto a concederli pubblica audienza alla presenza delli principi e ufficiali del regno, con deliberazione che, se non potevano esser convinti con ragione, si potesse, avendo avuto tempo di mettersi in ordine, vincerli con le forze. Fece di piú trattare col Cardinal Farnese, legato d’Avignone, che cedesse quella legazione al cardinale di Borbone, promettendoli ricompensa; e avendo Farnese consentito, l’ambasciatore ne parlò al papa per nome di lui e del re di Navarra, proponendo che questo averebbe liberato Sua Santitá dalla spesa e assicurata quella cittá dagli ugonotti, quali l’averebbono rispettata, quando fosse nella protezione d’un prencipe del sangue regio. Ogni persona di mediocre giudicio, non che uno versato nelli maneggi, si sarebbe avveduto che quella era un’apertura per levare con facilitá da Roma il dominio di quella cittá e unirlo alla Francia. Però il papa negò assolutamente d’acconsentirvi, e riferí questo tentativo in consistono, come che avesse sotto coperta qualche grande pregiudizio che non appariva a prima vista; e fece grand’indoglienza contra la regina e contra il re di Navarra, che avendoli promesso piú fiate che in Francia non si sarebbe fatto cosa di pregiudicio all’autoritá pontificia, nondimeno favorivano l’eresia, erano autori di congregazioni de prelati, di colloqui e altre cose pregiudiciali; che egli procedendo con mansuetudine era mal corrisposto: però subito dato principio al concilio, voleva con quel mezzo far conoscere la riverenza che li prencipi secolari debbono portare alla Chiesa. Fece l’istessa condoglienza e minaccie all’ambasciatore, il quale doppoi l’aver esplicato che la dimanda della legazione era per buon fine e che tutte le opere della regina erano fatte con maturitá e giustizia, soggionse che il concilio era piú desiderato dal re che da Sua Santitá, con speranza che averebbe proceduto con la medesma equitá e rispetto verso tutti li prencipi senza differenciarli. Que-