396 |
l'istoria del concilio di trento |
|
giusta cosa esser metterci una volta fine. Questa opinione fu
seguita da trenta padri con aperta dechiarazione, e appariva
che numero molto maggiore tacitamente l’approvava, e si sarebbe venuti a conclusione. Ma il Cardinal Simonetta, avendo
tentato di metter dilazione con dire che non era dignitá trattar
di quella materia sin che non fossero composti gli animi commossi per le differenze passate, le quali non lasciano discernere
il vero, aprí strada a Giovan Battista Castagna arcivescovo
di Rossano e a Pompeio Zambeccaro vescovo di Sulmona; li
quali parlando ambiduo con ardore e mordacitá contra li
primi, fu eccitato tanto rumore, che fece dubbio di qualche
inconveniente. Al che per rimediare, il Cardinal di Mantoa
pregò quei della residenza ad acquetarsi, promettendo che in
un’altra sessione, o vero quando si fosse trattato del sacramento dell’ordine, insieme sarebbe trattato della residenza.
Con questo acquetato il moto, e mostrato che il ripigliare le
cose trattate sotto Giulio era cosa di maggior prolissitá e difficoltá che l’esaminarle di novo, e avvenirebbe quello che occorre quando il giudice forma la sentenza sopra il processo
fatto da un altro, fu presa deliberazione che prima fosse dalli
teologi parlato, tenendosi congregazione due volte al giorno,
nelle quali intervenissero due delli legati, divisi cosí li carichi
per metter piú tosto fine, e delli prelati quelli a chi fosse
piaciuto; che avessero due giorni di tempo da studiare, e il
terzo fosse dato principio. Con questa conclusione la congregazione si terminò. Ma, per la promessa fatta da Mantoa
senza consultazione e partecipazione delli colleghi, restò Simonetta offeso e in aperta discordia con lui; e fu Mantoa dalli
prelati favorevoli alla corte biasmato e calunniato di mala
disposizione d’animo; ma dalli sinceri era commendato di
prudenza, che in una pericolosa necessitá prendesse partito di
ovviare a protestazioni e divisioni che si preparavano; e biasmavano Simonetta che restasse offeso perché Mantoa, tanto
piú eminente di lui, e confidato sopra il consenso di Seripando
e varmiense, della mente de’ quali era conscio, avesse stimato
che la risoluzione per necessitá presa dovesse esser da lui
ancora ratificata.