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l'istoria del concilio di trento |
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in sospetto a Mantoa per offici fatti contra lui; ma egli lo
fermò modestamente, dicendo che all’avvenire non parleranno
cosí. Trattarono strettamente come dar compita sodisfazione al
papa e alla corte in materia della residenza, e quai prelati
sarebbono atti a maneggiarsi a persuader gli altri. Quelli che
giá erano scoperti per ristretti negl’interessi pontifici o della
corte, se ben atti del rimanente, stimarono non buoni per
mancamento di credito. Messero due di stima per bontá, e
molto destri nel negoziare, li vescovi di Modena e di Brescia.
L’istesso giorno l’arcivescovo di Lanciano, congregati li vescovi
che per suo porto avevano scritto al papa, li presentò il breve
di risposta, pieno di amorevolezza, umanitá e offerte, che gl’indolcí tutti e portò gran momento per rilasciare l’ardire della
residenza. S’aggionse pur il giorno medesimo un altro accidente molto favorevole al pontefice; che il marchese di Pescara
mandò al secretano copia d’una lettera scrittagli dal re, dove
li diceva che, avendo inteso dispiacer all’imperatore e a Francia
la dechiarazione della continuazione, e conoscendo che, quando
si facesse, potrebbe causar dissoluzione del concilio, li commetteva che non ne facesse piú alcuna instanza, pur che non
si faccia dechiarazione di nova indizione, e che il concilio
segua, proseguendo come ha incominciato. Gli ordinò appresso
di far saper alli prelati suoi che egli aveva inteso la controversia e disputa sopra la residenza, e l’instanza da loro fatta
acciò si dechiarasse de iure divino; che lodava il loro zelo e
buona intenzione; nondimeno li pareva che per allora non
fosse a proposito tal dechiarazione; però non dovessero farne
maggior instanza. Mostrò il secretario la lettera alli prelati
spagnoli; e Granata, consideratala accuratamente, disse che la
faccenda andava bene, poiché il papa non la voleva; che il
re non sapeva quello che importasse; che era consegliato dall’arcivescovo di Siviglia che mai risiedette, e dal vescovo di
Cuenca che se ne stava in corte; che egli sapeva molto bene
a che fine il re comandava, e l’obedirebbe in non protestare;
ma non resterebbe di dimandarla, sempre che fosse venuta
occasione, sapendo che non offenderebbe il re. Fu anco mo-