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libro terzo - capitolo ii 39


Li principi secolari per non offender Cesare si tacquero, e a loro esempio gli ambasciatori delle cittá parlarono poco, né di quel poco fu tenuto conto. Per la remostranza del legato ordinò Cesare un proemio al libro, di questa sostanza: che mirando esso alla tranquillitá di Germania, aveva conosciuto non esser possibile introdurla, se non composti li dissidi della religione, onde sono nate le guerre e odi; e vedendo esser perciò utile rimedio un concilio generale in Germania, aveva operato che s’incominciasse in Trento, e indotti tutti li stati dell’Imperio ad aderirvi e sottoporvisi. Ma mentre pensa di non lasciar le cose sospese e confuse sino al celebrar del concilio, da alcuni grandi e zelanti li fu presentata una formula, la quale avendo fatto esaminare a persone cattoliche e dotte, l’hanno trovata non aborrente dalla religione cattolica, intendendola in buon senso, eccetto nelli due articoli della comunione del calice e del matrimonio de’ preti. Per il che richiede dalli stati, che sino al presente hanno osservato li statuti della Chiesa universale, che perseverino in quelli, e sí come hanno promesso, non mutino cosa alcuna; e quelli che hanno innovato, o vero ritornino all’antico, o si conformino a quella confessione, ritirandosi a quella dove avessero trapassato, e si contentino di quella, non impugnandola, non insegnando, né scrivendo, né predicando in contrario, ma aspettando la dechiarazione del concilio. E perché nell’ultimo capo si concede di levar le cerimonie superstiziose, riserva a sé la dechiarazione di quel capo e di tutte le altre difficoltá che nascessero.

Il quindicesimo giorno di maggio fu recitato il libro nel pubblico consesso. Non si pigliarono i voti di tutti secondo il consueto, ma l’elettor magontino solo si levò, e come in nome comune ringraziò Cesare, il quale pigliò quel ringraziamento per un’approbazione e assenso di tutti. Da nessun fu parlato; ma a parte poi molti delli principi, che giá seguivano la confessione augustana, dissero di non poterlo accettare; e alcune delle cittá ancora dissero parole che significavano l’istesso, se ben per timore di Cesare non parlavano aperta-