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444 | l'istoria del concilio di trento |
quell’ora non avevano proposto alcuno degli articoli di riforma,
per rispetto che, non avendo voti da sostenerli, non sarebbe
stato tenuto conto delle loro remostranze. Che il concilio non
vuol ascoltar cosa che pregiudichi all’utile o vero autoritá della
corte, trovandosi il papa patrone delle proposizioni (avendosi
da principio statuito e successivamente osservato che non possi
esser alcuna cosa proposta se non dalli legati), e non meno
delle deliberazioni, per li molti prelati pensionari e altri disposti
a sua devozione, ed essendo risoluto che il concilio non si
meschi in reformare la corte, ma riservare a lui tutto quel
negozio; e li spagnoli (che mostravano gran zelo alla reforma)
essendo raffredditi e storditi per la correzione ricevuta dal loro
re; né essendovi speranza, stando le cose in questo termine,
di ottenir altro che quello che a Sua Santitá piacerá: poiché
nessuna instanzia fatta da tutti li ambasciatori e principi che
sono in Trento ha potuto impetrar che si tratti una buona
riforma della disciplina ecclesiastica, con tutto che alli legati
sono stati presentati li articoli conforme non solo all’uso della
primitiva Chiesa, ma anco alli decreti delli medesimi pontefici.
Ma in luoco di quella, mettono avanti punti della dottrina
controversi al presente, con tutto che gli era stato mostrato
ciò esser superfluo, attesa l’assenza de’ protestanti; e se pur
propongono qualche cosa che tocchi li costumi, è di pochissima importanza e di nessun frutto.
Il papa, che, per li avvisi giornalmente inviatili delle cose che occorrevano in Trento con tanta varietá, restava molto perplesso se al giorno destinato s’averebbe pubblicato alcun decreto nella sessione, avuto nova come felicemente fosse passata, ne senti grand’allegrezza; la qual s’accrebbe, udita la reconciliazione delli legati e la littera scritta dal re di Spagna. Non potè contenersi che non mostrasse il piacere, dandone parte in consistoro e parlandone con gli ambasciatori; e passò sino a ringraziar il Cardinal di Aragona, fratello di Pescara, dal quale riconosceva il servizio. E tutto vòlto al presto fine del concilio, non scoprendo che altra cosa la potesse portar in longo se non la residenza o la comunione del calice, scrisse