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libro sesto - capitolo ix | 485 |
capo, da quello passar nelli cardinali, dalli cardinali nelli vescovi, e da questi negli altri gradi; altrimenti temeva che,
trattandosi riforma nel modo incominciato, s’averebbe mosso
lo stomaco alli cattolici, e alli protestanti le risa. Parigi disse
esser centocinquanta anni che il mondo dimanda riforma nel
capo e nei membri, e sinora è stato defraudato: sarebbe oramai tempo di mostrarli che si opera dadovero, e non simulatamente; che desiderava fossero uditi anco li francesi pelli bisogni di quel regno; che in Francia s’era fatta una riforma assai piú utile che la proposta allora in concilio. Il
vescovo di Segovia disse che si faceva a guisa del medico
imperito, che nei mali mortali dá un lenitivo, o vero unge di
olio. Il vescovo di Orense disse che Sua Santitá non doveva
conceder tanta facoltá alla cruciata e alla fabbrica di San Pietro,
in virtú de’ quali ognuno in Spagna vuol messe in casa; e non
moderando quella, le provvisioni della sinodo saranno vane:
esser necessario fare una dechiarazione che li decreti del concilio generale obbligano anco il capo. A che essendosi levato
sussurro, egli, fatto segno di silenzio, soggionse: «Quanto alla
virtú direttiva, non coattiva». E seguí dicendo che era necessario anco trovar via che non vi fossero liti, o almeno non
fossero tante e cosí longhe, nelle cause beneficiali; che ciò
riusciva di gran dispendio, mancamento del culto di Dio e
scandolo del populo. Il Cinquechiese parlò sopra il capo di
conferir li vescovati, esponendo le parole da lui dette, che si
promovevano persone vili e indegne, dechiarando che l’abuso
procedeva dalli principi, che li raccomandavano con istanza e
anco con importunitá al papa, e che meglio sarebbono collocati nelli palafrenieri di Sua Santitá; e si dolse che le sue
parole fossero state sinistramente interpretate.
L’agente spagnuolo, per nome del re, si gravò di tanta autoritá che alli vescovi si concedeva nel capo ottavo sopra gli ospitali, monti di pietá, luoghi pii ecc.; particolarmente per il regno di Sicilia, contra il privilegio che quel regno ha della monarchia anticamente: al quale per sodisfare, dalli legati fu aggionta al capitolo la clausula che riserva li luochi che sono immediate sotto la protezione del re.