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CAPITOLO X

(15-17 settembre 1562).

[A Roma l’ambasciatore francese insiste per la proroga della sessione: il papa mostra di rimettersi ai concilio. Come il Simonetta distornasse la proroga. — Nuove difficoltá ai decreti presentati. — Riunione degli ambasciatori: insistono perchè il concilio affronti in pieno la riforma. Risposta evasiva dei legati.— Vana insistenza degli spagnoli nell’ultima congregazione perché la sessione successiva si fissi a lungo intervallo e senza determinarne la materia. — Sessione ventiduesima. S’informa il concilio della professione di fede di Abd-Issu, patriarca d’Assiria. — Pubblicazione del decreto della messa, del decreto de vitandis et observandis nella medesima, di quelli di riforma, sulla concessione del calice deferita al papa e sulla nuova sessione al 12 novembre. — Malcontento dell’imperatore e dei suoi sudditi per il deferimento al papa della concessione del calice. — Giudizi sui decreti pubblicati, in particolare circa il vietato uso del volgare nella liturgia, l’ingerenza data ai vescovi nei beni delle opere pie e nella commutazione dei testamenti, la riserva concessa al papa nelle dispense. — Sodisfazione di Pio IV per l’esito della sessione, e sua tattica per vincere le resistenze che ritardano l’opera e la fine del concilio.]

Queste cose finite, erano angustiati li legati, non restando piú che tre giorni alla sessione e avendo ancora tante cose irresolute, e massime quella che piú importava, e dove ognuno trattava con veemente affetto, cioè la materia del calice; quando un accidente fece quasi risolver di allongar il tempo della sessione. Questo fu che, avendo l’ambasciator di Francia in Roma fatto instanza efficace a nome del re col pontefice che facesse differire sino all’arrivo de’ suoi prelati, il pontefice, quantonque non udisse cosa piú dispiacevole che parlare di prolongazione di concilio (cosí per propria inclinazione come per