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libro sesto - capitolo x 495


dirá che la messa si debbi celebrar in volgare, o che non si debbi mischiar acqua nel vino.

Al decreto recitato fu dalli padri assentito, eccetto che al particolare che Cristo offerisce se medesmo tredici vescovi contradissero; e alcuni altri dissero che, quantunque l’avessero per vero, nondimeno reputavano che non fosse luoco né tempo da decretarlo. E li voti furono detti con qualche confusione, per i molti che ad un tratto parlavano. Diede principio a dissentire l’arcivescovo di Granata, il quale non avendo prestato il suo assenso nelle congregazioni, per non aver occasione di far il medesmo nella sessione, aveva deliberato non intervenirvi. Ma li legati, non vedendolo alla messa, lo mandarono a chiamare piú d’una volta e lo costrinsero ad andare, e gli eccitarono con ciò maggiormente la volontá di contradire.

Immediate dopo dal medesmo celebrante fu letto un altro decreto per instruzione alli vescovi degli abusi da correggere nella celebrazione delle messe. E in sostanza conteneva che li vescovi debbino proibire tutte le cose introdotte per avarizia, per irreverenzia o per superstizione. Condiscese a nominar particolarmente per difetti d’avarizia i patti de mercede, quello che si dá per messe nove, le esazioni importune di elemosine: per irreverenzia, l’ammetter a dir messa sacerdoti vagabondi e incogniti, e peccatori pubblici e notorii; il celebrar in case private e in ogn’altro luoco fuori di chiesa e oratori, e se li intervenienti non sono in abito onesto; l’uso delle musiche nelle chiese con misura di canto o suono lascivo; tutte le azioni secolari, colloqui profani, strepiti, gridori. Per quel che tocca la superstizione, il celebrar fuori delle ore debite, con altre ceremonie o preci oltre le approvate dalla Chiesa e recevute dall’uso, un determinato numero di alcune messe o di tante candele. Ordinò anco che fosse ammonito il populo di andar alle parrocchie almeno le dominiche e maggiori feste, dechiarando che le suddette cose sono alli prelati proposte, acciocché proibiscano e correggano, eziandio come delegati della sede apostolica, non solo quelle, ma anco tutte le simili.