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libro settimo - capitolo viii


XVIII. Che l’antico decreto della comunione sotto ambedue le specie, di Leone e Gelasio, sia renovato.

XIX. Che inanzi l’amministrazione di ciascun sacramento preceda nella lingua volgare un’esposizione, sí che li ignoranti intendino l’uso e l’efficacia.

XX. Che, secondo gli antichi canoni, li benefici non siano conferiti dalli vicari, ma dalli medesmi vescovi fra termine di sei mesi, altrimenti la collazione si devolva al prossimo superiore e gradatamente al papa.

XXI. Che li mandati di provvedere le espettative, li regressi, le resignazioni in confidenzia e le commende siano revocate e bandite dalla Chiesa, come contrarie ai decreti.

XXII. Che le resignazioni in favore siano in tutto esterminate dalla corte romana, essendo un eleggersi o dimandare il successore, cosa proibita dalli canoni.

XXIII. Che li priorati semplici, ai quali contra la fondazione è stata levata la cura delle anime, e assignata ad un vicario perpetuo con una picciola porzione di decima o d’altra entrata, alla prima vacanzia siano restituiti nello stato di prima.

XXIV. Che [al]li benefici, a’ quali non è congionto alcun officio di predicar, amministrar sacramenti o altro carico ecclesiastico, dal vescovo, col conseglio del capitolo, sia imposta qualche cura spirituale; o siano uniti alle parrocchiali vicine, non dovendo né potendo esser alcun beneficio senza officio.

XXV. Che non siano imposte pensioni sopra benefici, e le imposte siano abolite, acciocché le entrate ecclesiastiche siano spese nel viver dei pastori, dei poveri e in altre opere pie.

XXVI. Che alli vescovi sia restituita intieramente la giurisdizione ecclesiastica in tutta la diocesi, levate tutte le esenzioni, eccetto alli capi dei ordeni e monasteri che sono soggetti a loro, e a quelli che fanno capitoli generali, a’ quali le esenzioni sono con titolo legittimo concesse, provvedendo però che non siano esenti dalla correzione.