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libro ottavo - capitolo iii |
bene che si desiderava, voler con una superflua e vana instanzia causar qualche male; che assai era l’aver impedito il pregiudicio che altri pensavano fare alla veritá con stabilir contrarie opinioni; e se non si poteva ottener tutto quello che si
desiderava, si poteva però sperare qualche cosa nel tempo
futuro con l’aiuto divino. Con tutto questo Granata e Segovia
con alcuni altri de loro non poterò esser rimossi; sí come né
manco fu possibile superar dall’altro canto il patriarca di
Gerusalern e l’arcivescovo d’Otranto con altri aderenti, quali
erano convenuti di contradire a tutto quello che si proponesse,
come a cose che non servivano a levar le differenzie, ma solo
ad assopirle, con certezza che, camminando inanzi, sarebbono
date fuori con maggior forza e impeto; e che quando s’avesse
avuto a rompere, meglio era farlo inanzi celebrar la sessione
che dopo. Né fu possibile che li legati potessero persuaderli.
Con tutto ciò, non ostanti queste due contradizioni, stabilite cosí le cose con gli altri principali, il dí 9 del mese di luglio s’incominciarono le congregazioni generali. Dove essendo prima letto quello che appartiene alla dottrina e canoni dell’ordine, il Cardinal di Lorena diede esempio, parlando brevemente e non mettendo alcuna difficoltá. Fu seguito dagli altri sino al luoco di Granata, il qual disse esser cosa indegna aver tanto tempo deriso li padri trattando del fondamento dell’instituzione dei vescovi, e poi adesso tralasciandola; e ne ricercò la dechiarazione de iure divino, dicendo maravigliarsi perché non si dechiarasse un tal punto verissimo e infallibile. Aggionse che si dovevano proibire come eretici tutti quei libri che dicevano il contrario. Al qual parere aderí Segovia, affermando che era espressa veritá, che nessuno poteva negarla, e si doveva dechiarare per dannar l’opinione degli eretici che tenevano il contrario. Seguivano anco Guadice, Alife e Montemarano con gli altri prelati spagnoli, de’ quali alcuni dissero la loro opinione esser cosí vera come li precetti del decalogo. Il vescovo di Coimbria si lamentò pubblicamente che con astuzia si pregiudicasse alla veritá, concedendo che potessero esser ordinati vescovi titolari, perché questo era dechiarare che la giurisdizione non fosse essenziale al