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28 | l'istoria del concilio tridentino |
è capo ministeriale della Chiesa, per il quale Cristo, principal
capo, opera, e a cui l’opera si deve ascrivere, dicendo conforme a san Paulo che lo Spirito Santo dá il gregge da reggere; che mai l’opera s’ascrive all’instrumento o al ministro,
ma sempre all’agente principale; che dalli antichi è stata usata
sempre questa forma di parlare: «che Dio e Cristo proveggono
alle chiese de governatori»; la qual è presa da san Paulo, che
alli medesimi efesi scrisse: «che Cristo asceso al cielo ha provvisto alla Chiesa apostoli, evangelisti, pastori e maestri», mostrando chiaro che dopo asceso in cielo provvede pastori; e
non altrimenti a Cristo solo debbe esser ascritta l’instituzione
delli pastori e maestri (in quali sono li vescovi) che delli apostoli ed evangelisti medesimi.
S’avvidde il teologo che dalli legati e da altri ancora non era gratamente udito; e temendo qualche incontro, come in altre occasioni era avvenuto, soggionse che era passato a quel discorso impremeditato, e portato dalla consequenza delle parole e dal fervor del ragionamento, non raccordandosi che fosse proibito il parlar di quel ponto. E rientrato ad esaminar li uffici propri de’ vescovi, e contradetto alli luterani che li reputano superflui, e mostrato che sono usitati da antichissimi tempi nella Chiesa e vengono dalla tradizione apostolica, finí.
S’avviddero li legati che questa era stata arte di Granata e altri spagnoli per dar campo alli prelati d’allargarsi in questa materia; però fu operato che la contraria sentenza fosse difesa da alcuno di quelli che (quattro solamente) per finir tutto il numero rimanevano il giorno seguente; sí come furono anco preparati per contradire alli vescovi spagnoli li pontifici soliti farlo, se nelle congregazioni avessero introdotta la materia.
Il seguente giorno, 2 ottobre, due teologi furono a provare che sí come la superioritá de’ vescovi era certa, cosí il cercar quo iure era cosa difficile a decidere; e quando fosse stata decisa, di nessun frutto, e però da tralasciare. Due altri sostennero che era de iure pontificio. E fra’ Adamanzio fiorentino, teologo di Seripando, portò il discorso conforme all’opinione di Gaetano e del Catarino in questa forma: che il vescovato è de iure