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34 | l'istoria del concilio tridentino |
onori e favori, aspettando da loro aiuto nelle cose della religione, nella quale sono tanto interessati, massime il cardinale,
che è la seconda persona ecclesiastica, poco minor d’un sommo
pontefice. Disse che li vescovi avevano con prudenza trattato
la riforma dell’adunanza di Poissi, offerendosi esso di far
approvar la maggior parte dal concilio. Soggionse che era
costretto di accelerarne il fine quanto prima, per la graní
spesa che sosteneva, la qual se fosse durata, non potrebbe
continuar li soccorsi che al re dava per la guerra: onde sperava che il re aiuterebbe a concluderlo. Per fine del suo ragionamento disse che egli in concilio non aveva altra autoritá
se non di approvar o reprovar le determinazioni di quello,
senza il che non sarebbono di alcun valore; e che disegnava,
finito il concilio, trovarsi a Bologna, e farvi radunar tutti li
padri, per conoscerli e ringraziarli e far l’approbazione. Diede
anco al pontefice il messo venuto di Francia lettere del Cardinal di Lorena del tenor medesimo, con aggionta di offerte
d’ogni opera e ufficio per conservar l’autoritá della santa sede.
Interrogò il pontefice in particolare quello che il cardinale disegnava proponer; né avendo risposta se non generale, cioè
li remedi necessari al regno di Francia, per dar al cardinale
un avvertimento, rispose che tutto sarebbe ben maturato, decidendosi in concilio ogni cosa per la pluralitá delle voci.
Nella congregazione de’ cardinali fu deliberato di rispondere al li legati che facessero ogn’opera di dar resoluzione all’articolo della residenza inanzi l’arrivo de’ francesi, operando che fosse remesso al pontefice senza alcun decreto, se fosse possibile; quando no, almeno con decreto: il che quando non si potesse ottenere, fosse dechiarata con premi e pene, senza toccar il ponto se fosse o no de iure divino. Che l’articolo della instituzione de’ vescovi pareva arduo e di gran consequenza; però procurassero anco che quello fosse rimesso similmente; ma quando non si potesse, questo osservassero inviolabilmente: di non lasciar determinare che fosse de iure divino. Quanto alla riforma, che la Santitá sua era risoluta, per quello che toccava al pontificato e alla corte, di non