Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. III, 1935 – BEIC 1917972.djvu/413

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rioni che si riscontrano nella londinese e mancano invece nel manoscritto; non figurano inoltre in essa i passi a bella posta omessi o inavvertitamente caduti in quella: cosa inesplicabile se la fonte della nuova edizione fosse stata piú genuina. Ad essa dunque non soltanto fu estraneo l’autore, ma mancò anche il raffronto col manoscritto.

Nel complesso essa è indubbiamente piú corretta della precedente, anche se le correzioni siano spesso molto arbitrarie; però presenta pure numerosi strafalcioni che non figurano nella londinese. Assai probabile mi sembra la congettura del Bianchi Giovini che le correzioni siano opera del Diodati, che si occupò di quella ristampa, dopo aver parecchi anni prima curata pure la traduzione francese dell’Istoria. All’edizione del 1629 si attenne di preferenza il Courayeur nella sua del 1757, che è certo la ristampa condotta con maggior cura, ed alla quale hanno fatto capo anche le successive, fino a quella curata dal Barbèra, che ritornò alla londinese. Resta quindi comprovato, anche dal piú superficiale raffronto delle varie stampe col manoscritto, che soltanto la prima è condotta su questo, mentre le altre derivano piú o meno fedelmente da quella; e che le correzioni introdotte nelle ristampe, ben lungi dal risalire all’autore o ad un raffronto col manoscritto, sono opera arbitraria e di solito poco oculata dei vari editori.

Conosciamo le vicende della pubblicazione dell’Istoria soprattutto per la notizia che ce n’ha lasciata, nella lettera con cui ne dedicava la stampa al re Giacomo d’Inghilterra, il suo primo editore, il prelato dalmata Marcantonio De Dominis nota. Fatto

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  1. «Al serenissimo e potentissimo prencipe Giacopo, della Gran Brettagna primo re e monarca: re parimente di Francia e d’Irlanda, defensore della fede ec. —
    Sacra Maestá — Nel dipartirmi d’Italia per ricoverarmi sotto l’augusto manto della clemenza vostra, procurai d’aver copia, per quanto a me fu possibile, di varie composizioni delli piú elevati spiriti ch’in quella nobilissima provincia in grande numero fioriscono: di quelle però che e alla mia professione principale appartengano, e alla Maestá vostra, come vero defensore della vera cattolica fede, potessero essere grate. Non mancano in Italia, Sire, ingegni vivaci, liberi in Dio, e dalla misera cattivitá coll’animo sciolti, i quali con occhio puro e limpido veggono gl’imbrogli che ivi si trappongono alle cose della santa religione: s’accorgono troppo delle frodi e inganni, co’ quali, per mantenersi nelle grandezze temporali, la corte di Roma opprime la vera dottrina cristiana, induce falsitá e menzogne per articoli di fede; e l’armi giá date dallo spirito di Cristo alla sua santa Chiesa, perché le servano a