Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. III, 1935 – BEIC 1917972.djvu/421

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nota 415


disposizione in tal senso non fu mai emanata, allora si dovrá pensare che la cautela provenisse da chi aveva in custodia il manoscritto, per timore di buscarsi osservazioni, noie, rimproveri dalle vigili autoritá. Si poteva pur sempre muovere ai custodi il rimprovero che lo scandalo d’una nuova edizione non si sarebbe avuto, se non si fosse messo a disposizione degli studiosi il codice: negandolo, si poteva sempre sentirsi tranquilli nella coscienza di non avervi in nessuna maniera contribuito. Fatto sta che il primo libero esame del prezioso manoscritto si ebbe soltanto nel 1892, ad opera di Emilio Teza, il quale indubbiamente degli impedimenti frapposti nel passato dovette avere precisa nozione, se potè parlare di «servitori che anche sui vecchi libri dei liberi ingegni vigilavano con la frusta in mano e le chiavi», ed affermare: «Con quanta gelosia era tenuto chiuso questo prezioso volume con quale sospetto non si guardavano i curiosi che interrogassero la voce possente del Consultore!»1.

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Anche il Teza, accingendosi a studiare il manoscritto, si pose subito il problema della fedeltá delle stampe ad esso. Assaggi in varie parti dell’opera ed un paziente raffronto dei primi capitoli lo condussero a negar fede sia alle profonde differenze affermate dal Griselini come all’identitá fra codice e stampe asserita dagli altri. Il completo raffronto da me eseguito per la presente edizione non può che confermare le conclusioni del Teza. Risponde al vero che il De Dominis non vi ha fatto né soppressioni, né interpolazioni, né variazioni che intacchino sostanzialmente l’opera del Sarpi, ad eccezione di alcuni passi, dove appare precisa l’intenzione di sopprimere o modificare2. Viene quindi fatto di cre-

  1. E. Teza, Di una nuova edizione dell’Istoria del Concilio Tridentino. Proposte in «Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti», tomo 51 (1892), pp. 53-83.
  2. Probabilmente a ragioni d’opportunitá politica devesi la soppressione del brano: E volendo la regina ecc. (II, p. 298), dove parlasi dei contrasti incontrati dalla Stuarda al suo ritorno in Scozia. Cosi piú innanzi (III, p. 201), dove parlasi della lettera di quella regina al concilio, l’inciso: «e narrate le pretensioni sue nel regno d’Inghilterra, prometteva che quando n’avesse avuto la possessione, averebbe...», viene modificato dal De Dominis cosí: «e commemorata la successione sua che aspettava nel regno d’Inghilterra, prometteva che, come fosse seguita, averebbe...». Forse si temeva che, con Giacomo I sul trono, non fosse conveniente