Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/115

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lettere di fra paolo sarpi. 55

quale apparisce che cosa di lui dicessero e pensassero in Roma. Dio buono! Se tentarono di voler corrompere persino le cose incorruttibili, che deve credersi delle altre? Il che non volendo si creda da me detto per semplice congettura, volli unirvi un’altra lettera della medesima farina; e per compiere il ternario, vi aggiunsi la terza, che le insegnerà forse alcuna cosa di nuovo intorno alle prerogative dei re Cristianissimo e Cattolico. Gli originali di coteste lettere firmati di pugno degli autori, sono nelle mie mani.

Non finisco di maravigliarmi delle tesi difese da quel Critonio Scoto, che va facendo un fascio del papa e del re, dei concilii e dei comizii, della terra e del cielo; e sotto il pretesto del re, vuole metterci addosso il papa. In somma, questi uomini dabbene hanno risoluto di convertire il regno di Cristo in regno terreno, non importa se a dritto od a torto. E quanto alla scomunica, di che inaudite e audaci dottrine si è costui fatto inventore, a fine di estenderne la forza persino alle operazioni della mente! Non basta loro di averci tolta la libertà delle opere e del parlare, se non signoreggiano altresì tirannicamente sui nostri pensieri e sentimenti! E che di più strano potea mai pronunziarsi, dell’asserire, come si fa, che per la colpa d’un solo, la famiglia tutta quanta, o la città, sia scomunicata? Nè posso credere che siasi qui scambiata la scomunica coll’interdetto, trattandosi di persona che professa il diritto pontificio. Lascio stare che ciò egli afferma contro la consuetudine di tutte le chiese, e che sant’Agostino ribatte con una intera epistola un siffatto errore, e che tutti gli scolastici convengono nell’avviso