Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/116

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56 lettere di fra paolo sarpi.

medesimo. Non si accorge costui com’egli rintuzzi il taglio della sua spada colla tesi da sè proposta: giacchè ben sarà pronto ognuno ad argomentare, che se per la colpa di un uomo può un altro essere scomunicato, la scomunica è una pena meramente politica e non tocca in verun modo la coscienza.

Io provo una grandissima consolazione vedendo che la curia parigina sostiene, come sempre sostenne, l’antica e veramente francese libertà: gran cosa oggidì, che l’Università medesima, propugnatrice un tempo dell’ecclesiastica libertà, si diede anch’essa per vinta. Noi qui poco e debolmente operammo per difendere la principale e sovrana libertà e podestà: saremo tuttavia scusati da coloro che del luogo e de’ tempi aver vorranno la debita considerazione. Nè del fatto io mi pento, sebbene il mio capo sia come votivo a morte, e sempre mi vegga cinto d’insidie, e mi trovi accusato d’inespiabili empietà, per non aver temuto un immenso e sopra tutti formidabile potere. Pur mi conforta l’aver combattuto per la verità, e l’avere approvatori costà sommi uomini, eruditi in ogni genere di dottrina; e soprattutti la S. V. eccellentissima, la quale prego con tutto l’animo a perseverare nella benevolenza che si è degnata concedermi. Non cesserò di porgere le mie preghiere all’Altissimo, affinchè la conservi sana e salva lunghi anni, e a me doni forza da poterle in qualche modo mostrare la gratitudine che le professo ec.

Venezia, ai 18 marzo 1608.