Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/158

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98 lettere di fra paolo sarpi.

pace, che bisogna credere non potersi rompere se non per occasione di contrario.1

Ho mostrato a monsignor Asselineau la scrittura della relazione, acciò egli testifichi a V.S. in che stato è. La risalutano il signor Malipiero e il padre Fulgenzio. Li dirò di nuovo, che quell’altro Fulgenzio cordeliere, il quale ha ripreso li vizii della corte romana, come V.S. sa, e da loro2 è stato perseguitato duoi anni; finalmente, sedutto da loro, partì di qua il dì 8 di questo, furtivamente inviato verso Roma, dove presto giungerà; e essi piglieranno in spalla la pecora smarrita, e faranno la fiera. Insomma, le persuasioni sono state fatte con doppie di Spagna, che sono state viste in buon numero. Che cosa sarà dunque impenetrabile a quelle, che hanno penetrato la povertà, la nudità e lo sprezzo del mondo? V.S. tenga per fermo, che in Italia sono molti ipocriti, e non si maravigli, come fa nella sua, che, veduto il lume, abbino chiusi gli occhi, che li hanno sempre chiusi al vero e aperti all’interesse; e quando mostravano di veder meno, vedevano il pensier romano d’aver tutti uno ad uno. E di me si lasciano intendere, che mi averanno morto; ma questo non si farà senza Dio, e forse li farò più danno morto che vivo.

Intendo che quelli della religione faranno la


  1. Lo stesso avvenne, e durò ancora lungamente, in tempi a noi molto vicini. I periodi della pace segnano sempre quelli della stanchezza, e se assai prolungati, della debolezza del genere umano.
  2. Dai Romanisti. Intorno a questo Fulgenzio francescano, si vedano le Lettere dei 16 settembre, 30 novembre, 11 dicembre di quest’anno; e soprattutto quella dei 3 d’agosto 1610.