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lettere di fra paolo sarpi. | 111 |
vrebbono risentirsi. Se così non fosse, converrebbe dire, che l’ira di Dio sia ancora accesa, poichè si vede tanta cecità nel mondo. Ho ammirato l’artificio spagnuolo nel trattare col Cristianissimo; chè le risposte savie del re essendo consuete a lui, non mi sono parse nuove. Abbiamo avviso che avendo li ministri di Spagna proposto per risoluzione del suo re la pace, con condizione di non navigare alle Indie e di ammettere la religione romana per tutto, siino stati licenziati dalla trattazione; ma che essi abbino domandata nuova dilazione, e sia stata concessa: per il che anco si sii spedito corriere espresso in Spagna. Temo da questa lunga trattazione, perchè quei popoli sono troppo aperti, e hanno a trattare con nemici troppo artificiosi. Abbiamo anco avvisi, che anderanno li Spagnuoli all’Arachia con tutta l’armata, ma che la troveranno ben provveduta; e perchè essi mandano tal avviso, credo che abbino deliberato il ritorno prima dell’andata.
La richiesta fatta dalli canonisti al clero mi pare una sciocchezza, e però temo che non s’introduca; perchè quella è una dottrina per corrompere d’avvantaggio ancora la libertà della chiesa gallicana, che sola tra le romane serba qualche vestigio dell’antica libertà.
Il baron di Dona, cavaliero compitissimo, fu qui, e io ho goduto con molto piacere qualche volta la sua conversazione. Credo che all’arrivo di questa sarà costì: per il che rimando la lettera a V.S. Resto indicibilmente obbligato alla grazia di monsieur Aleaume, che si offerisce farmi gran favore. Prego V.S. ringraziarlo per mio nome affettuosamente: che io li resterò sempre divoto e desideroso di farli cosa grata.