Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/186

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126 lettere di fra paolo sarpi.

lesa maestà per aver dato asilo a degli esuli: per il che non ci è quivi tutta la bastevole quiete.1 Ci resta a sperare dalla divina bontà tale scioglimento di cose, quale nella sua provvidenza avrà decretato. Io ardentemente desidero che V.S. eccellentissima sempre goda della miglior salute, e fo voti al cielo perchè io possa qualche volta riuscirle non inutile servitore; e affezionatissimamente saluto il signor Casaubono e gli altri signori ed amici.

Venezia, 30 settembre, 1608.




XXXVII. — Al medesimo.2


Niente a noi certamente più nuoce, eccellentissimo signore, che la malvagità dei cattivi confessori, i quali si studiano di ampliare per qualsiasi modo l’autorità di Roma; e il male inteso zelo dei buoni. E in ciò siamo venuti a tal punto, che ormai devesi disperare del rimedio. Cinquant’anni fa in Italia bene procedevano le cose. Non esisteva una pubblica educazione dei giovani per far avvantaggiare la chierisía; l’educazione veniva privatamente data dai genitori, e piuttosto pel vantaggio della casa, che pel profitto degli ecclesiastici. Nelle celle dei regolari, dove gli studi si coltivavano, tutto il lavoro si aggirava sui libri delle Sentenze: ivi niente o poco sulla giurisdizione e sull’autorità del papa; e oltre a ciò, mentre lo studio di tutta quanta la teologia era di per sè


  1. È cenno di ciò ancora sulla fine delle due Lettere precedenti.
  2. Edita: come sopra.