Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/194

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134 lettere di fra paolo sarpi.

trattare e scrivere in quella lingua i pubblici atti. In Venezia ci serviamo del volgare italiano, tanto nei giudizi quanto negli atti pubblici, eccettuati soltanto i giudiziali che si mandano ai magistrati delle città soggette. Quindi, anco i processi in possessorio dei benefizi fuor di città sono scritti in latino, e, secondo il costume solito, per posizioni. In Venezia si scrivono in italiano, e constano per lo meno di due scritture (così le chiamano); cioè della petizione dell’attore e della risposta del reo: ed è lecito all’attore di aggiungere qualche cosa in una terza scrittura, e al reo di rispondere; e, se le parti vogliono presentare alcuni documenti, li presentano: dipoi sono ascoltati gli avvocati di ambedue; e, uditi quelli, vien subito proferita la sentenza.

Appena scorse le lettere di V.S., mi decisi ad esaminare il registro di tutte le patenti di possesso, e a notare se tra le formule fossevi qualche varietà, la quale coll’andar del tempo si sia a poco a poco introdotta; in seguito, ad osservare alcuni processi agitati spesso in Venezia ed altrove; e ad appuntare partitamente ogni cosa, e del tutto scriverne a V.S. Perocchè a noi non è stato mai obiettato quello che V.S. crede di vedere in questi giudizi; che, cioè, non si occupino del solo possesso, ma del titolo. La Curia romana ha spesso tentato di toglierci questo diritto, ma non si è mai valsa del pretesto, che la questione fosse sul titolo; sì bene dell’altro, che il possessorio in materia spirituale sia cosa spirituale: e se, per caso, intentata la lite sul possessorio, il titolo venga allegato incidentalmente, non per questo la causa travalica i limiti del possessorio. Altamente approvo quello che dice V.S., che