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lettere di fra paolo sarpi. 135

nelle formule è riposta una grandissima forza e che le sono fonti di consuetudini; e vedo che al mutar di quelle, le costumanze si cambiano: onde non dicesi con troppa precisione, che lo stile della curia non si equipara alla legge, se non s’intende per quel tempo soltanto che precede l’introducimento della consuetudine. Ma se v’è luogo dove le formule possono mutarsi facilmente, questo è fra i principali; imperciocchè, pochissime essendo le leggi, ed i giudici sentenziando secondo coscienza, accade di frequente che non solo si profferiscano giudizi definitivi in contrario a tutti gli esempi, ma che eziandio nuove sentenze interlocutorie ne vadano tuttodì rampollando. La qual cosa stimo che in Roma ancora avvenisse, quando il pretore pubblicava l’annuo editto, specialmente nei primordi della Repubblica; imperocchè, fatto l’editto perpetuo, le formule rimasero.

Ora siamo in faccenda per riconoscere e ordinare quelle poche leggi delle quali il nostro fôro si vale. Se ciò verrà fatto, come io credo, ecco l’occasione di profittare della maggior parte delle avvertenze di V.S. Le sue parole senza dubbio non sono cadute sulla terra, nè Ella ha parlato a sordo. Pur troppo m’avvedo che a chi vuole attuare vasti disegni, è forza il cominciare dal poco. Son questi i germi che, senza dare altrui nell’occhio, mettono le radici; ma se taluno voglia impiantarli adulti, è osservato ed impedito. Non sarà facile che ciò entri nell’intelletto di coloro i quali è di tutta necessità che ne siano persuasi; ma ogni difficoltà coll’aiuto di Dio resterà vinta.

Le lettere di V.S. eccellentissima mi son per-