Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/225

Da Wikisource.

lettere di fra paolo sarpi. 165

piace alla Maestà Divina l’uso dell’inopportunità, non resto di rendermi ogni giorno e più pronto e più atto, se l’occasione si presenterà, d’adoperarmi; e fo come l’artefice, che nel tempo non mette all’opera, si fornisce di materia: la quale se non venirà, l’ammassato potrà servir a qualche altro. D’alcune cose posso provvedermi da me; delle altre di che ho bisogno, ricorro alli benefattori, come a lei nella materia dei Gesuiti: in che è necessario che il gentiluomo scozzese, di cui V.S. mi parla, abbia molto penetrato, poichè a studio vi si è posto dentro. Riceverò con molta gratitudine qualche cosa di quelle, se V.S. ne potrà acquistar alcuna particella: come anco di quello c’ha scritto De modo agendi;1 quale stimo grandemente, solo per la risposta fattagli da loro, come quella che mette in vista un unghia dell’animale.

Resto molto obbligato a V.S. per la cognizione che mi ha fatto avere di monsieur Castrino; del quale avendo già ricevuto due lettere, lo scopro compitissimo, e in somma capace dell’amicizia di V.S.: qualità principali per farmi riverire qualunque.

Ritornando alli Gesuiti, tengo per verissimo, come V.S. dice, che essi siano li disegnatori nelle mozioni di Germania; ma perchè non li vedo adoperarsi apertamente con la spada a lato, come facevano nelle cose di Francia, mi persuado che non sia il negozio al colmo dove disegnano tirarlo per adoperare, ma vi sia anzi più tosto un preludio indegno della prova di gladiatori valorosi e veterani.


  1. Vedasi la Lettera XXX, a pag. 101.