Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/228

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168 lettere di fra paolo sarpi.

sento trattando con esso lei, m’ha costretto mutar proposito, persuadendomi che per il negozio di che mi scrisse per l’ultima sua, non li debba esser male sapere nuova d’un libro che è uscito di recente. Le mando il titolo copiato di riga in riga, insieme con l’approvazione e il principio della dedicatoria: sopra le quali cose non farò alcun commento, non essendovi clausula, anzi parola che non lo meriti. Le aggiungerò solamente, che il libro, del resto, non è altro che una raccolta di tutte le ingiurie e maldicenze che si possono pronunziare, dette contro Vatablero e consenzienti a lui: del rimanente, ragioni e cose ridicole. L’autore è un plebeo Veneziano secolare: egli voleva stampare questa opera eroica qui: non essendo stato consentito, l’ha stampata a Bologna. Le dirò di nuovo appresso, che il nostro Menino si è lasciato persuadere di potere esser cardinale, e lo tiene per tanto certo quanto se già fosse: onde non dubito che fra pochi giorni non sia per andare a Roma. Il che se vorrà fare (come vorrà, per quanto credo), nessuno l’impedirà; perchè a lui non è stata comunicata cosa segreta; e la provvisione che il principe li dà, è una magnificenza.

Il vedere l’estrema diligenza che usano per tornare ognuno là, e non poter penetrare la causa, mi rende stupido. Sono risoluti di volerne tutti, dicono; e me con i pugnali: però senza Dio non si fanno le cose, e quello che a lui piace è bene.

Mi scordava dirle che se avessi giudicato il libro degno d’esser letto, l’avrei mandato: non l’ho fatto, perchè costì non manca materia per eccitare riso, senza questa. Ma se ella giudica esser bene che l’amico lo veda, m’accenni, chè subito lo invierò