Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/234

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174 lettere di fra paolo sarpi.

prelati di punire i chierici anco nel criminale, esentandoli dai magistrati secolari. Non si troverà però mai, che niun principe supremo li abbia esentati dalla potestà sua propria, sicchè si sia privato di poter giudicare qualsivoglia di loro in que’ casi che egli, per il ben publico, riputasse necessario di doverlo fare.

Così è occorso a Venezia: o per legge di tempi scorsi o per consuetudine simile a quella dell’imperio, gli ecclesiastici sono stati esenti da magistrati inferiori. Non bisogna però supporre che mai la Repubblica abbia avuto mente di privare se stessa, cioè quella parte di lei che sostiene la maestà, della podestà di giudicare in qualunque causa parrà necessaria per ben publico. Leggendo le storie, e vedendo le memorie che si conservano ne’ segreti archivi, si troverà che i magistrati supremi hanno sempre esercitato questa podestà, data da Dio alla Repubblica, eziandio prima che si avesse breve alcuno dalla sede apostolica in comprovazione.

Perciò, anche al presente, conviene far differenza tra l’eccelso consiglio de’ Dieci, che sostiene la persona del principe, e gli altri consigli e magistrati. Di quello, non bisogna in alcun tempo concedere che riconosca la sua podestà da altri che da Dio e dalla Repubblica, nè che possa la sua podestà esser limitata o ristretta da qualsivoglia persona, eziandio ecclesiastica. Gli altri consigli e magistrati, come quelli che hanno potestà limitata, saranno astretti ad osservare le formole prescritte.

Quest’istesso apparisce chiaramente da’ brevi de’ pontefici, che concedono a qualche particolar magistrato di giudicare gli ecclesiastici ne’ casi enor-