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lettere di fra paolo sarpi. 173

L. — Il Doge di Venezia.1


Serenissimo principe

Ne’ giorni passati vi fu occasione di discorrere, se l’eccelso consiglio de’ Dieci sia tenuto chiamar il Vicario patriarcale per intervenire all’esame de’ rei ecclesiastici retenti per decreto di quel medesimo consiglio; e se torni a pregiudizio delle ragioni pubbliche, che per l’avvenire si continui a chiamarlo: per il che fu imposto al mio carico di rappresentare a Vostra Serenità riverentemente, in questo foglio, quel che tengo esser di ragione e di servizio publico.

Certa cosa è, per la dottrina evangelica, che Cristo nostro Signore ha fatto esenti da ogni potestà temporale i ministri suoi nelle cose spirituali, che appartengono alla salute dell’anime ed al regno de’ Cieli. È parimente cosa certa per tutte le storie sacre e profane, che gli ecclesiastici sono stati giudicati ne’ delitti temporali da magistrati secolari solamente, e che i vescovi non avevano alcuna criminale giurisdizione per molti anni, anco dopo Giustiniano imperatore, che regnava ancora nel 565; e che ne’ tempi seguenti, fu da diversi principi, per varie occasioni, a poco a poco concesso ai


  1. Stampata tra le Opere dell’Autore, tom. VI, pag. 161. È il secondo saggio che noi produciamo (vedasi a pag. 17-33) delle Consultazioni o Consulti che il Sarpi andava via via scrivendo per ordine pubblico, e che vuolsi ascendessero al numero di “settecento e più.„ nei diciassette anni ch’egli stette ai servigi della sua Repubblica (Griselini, Memorie anedote di Fra Paolo ec., pag. 157.)