Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/241

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lettere di fra paolo sarpi. 181


L’avviso delli nuovi occhiali l’ho avuto già più d’un mese, e lo credo per quanto basta a non cercar più oltre, non per filosofarci sopra, proibendo Socrate il filosofare sopra esperienza non veduta da sè proprio. Quando io era giovane, pensai ad una tal cosa, e mi passò per la mente che un occhial fatto di figura di parabola potesse far tal effetto;1 e avevo ragione da farne la dimostrazione. Ma perchè queste sono cose astratte, e non mettono in conto la repugnanza della materia, sentivo qualche opposizione. Per questo non son molto inchinato all’opera, e questa sarebbe stata faticosa: onde nè confermai nè riprovai il pensiero mio con l’esperienza. Non so se forse quell’artefice abbia riscontrato col mio pensiero, e se la cosa non ha acquistato aumento, come suole la fama per il viaggio.

Vengo alla seconda lettera, la quale avendo letto dopo scritto già questo, veggo ch’ella ha inteso la verità del bando, e ne ha fatto appunto quel giudizio ch’io presupponevo.

Quanto al mio particolare, non solo credo, ma ho quotidiani riscontri di insidie che mi sono tese.


  1. Rimandiamo di nuovo ai biografi di Fra Paolo, per ciò che spetta le scoperte da lui fatte nelle scienze fisiche e matematiche. A chiarezza di questo passo, giova ricordare come in quell’anno medesimo si fosse in Venezia sparsa la notizia, che un Olandese avesse presentato al conte Maurizio di Nassau uno strumento pel quale gli oggetti lontani apparivano vicini. Allora il Galileo, scrive un suo biografo, “si pose a cercare come ciò fosse possibile, osservando il movimento dei raggi luminosi nei vetri sferici di forma diversa. Alcuni saggi tentati con que’ vetri che si trovò avere alle mani, produssero l’effetto ch’egli desiderava. Bentosto egli rese conto della riuscita a’ suoi amici: era questa, niente meno, che l’invenzione del teloscopio o cannocchiale di lunga vista.„