Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/242

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182 lettere di fra paolo sarpi.

Faccio tutto quello che so e posso per cauzione; non però con ansietà o sollecitudine. Senza Dio non si effettua alcun disegno, e tutto quello che piace alla sua Maestà è per bene e me ne contento. Per levarmi la vita, non avanzeranno niente: gli farò più guerra morto che vivo.1 In questi giorni hanno fatto strettissimi uffici con tutti gli altri con promesse e minaccie per guadagnarli. Credo che non li riuscirà con alcuni: con me non tentano: dicono apertamente che non sperano se non nelli pugnali; e la intendono, perchè io non voglio altri per mia regola che la sola coscienza e (se dopo questo affetto tiene qualche dominio) l’onore. Le altre cose le tengo tutte per frivole.

Ma l’affetto mi trasporta di nuovo in Olanda. Gran giudizio di Dio, che la prudenza del più savio uomo2 sia così dementata a persuadersi che la sua riputazione di arbitro vi ricerchi, con così notabile suo danno, che gli Stati tornino sotto Spagna, e tante forze debbano servire contro la posterità sua. Dio ci abbia compassione. Ma che la guerra si trasporti in Italia, V.S. non lo creda. Tenga per fermo che gl’Italiani vogliono pace, non dissensione fra loro; e l’ottengono. Crescono tuttavia le diffidenze e li disgusti qua, e sono fomentati con artifici mirabili. Vorranno ridurli a perfezione prima che si muova altro: fra tanto mancherà che fare. Resta una sola speranza: che Dio dissolva li consigli


  1. Queste parole stesse e questo medesimo presentimento dell’uomo che la Provvidenza manda per i suoi fini, sono ancora in altre Lettere.
  2. Con questo appellativo qui viene indicato il re Enrico IV.