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lettere di fra paolo sarpi. 183

de’ savi, quali spesso incorrono in qualche fagotto senz’avvedersene.

Non vorrei che V.S. si dasse pena delli libri di che le ho scritto. Sarà assai a tempo ch’ella si adoperi quando sarà a Parigi. Tra tanto, faccio sempre qualche cosa, purchè l’opera non mi riesca vana. Non posso esser più lungo per difetto di tempo. Faccio fine e le bacio la mano per nome del nostro Fulgenzio, del signor Molino e anco del Muranese, che ha da lei disegni. L’avviso che mi dà della fama uscita che questa Repubblica abbia parte nel disegno di quell’infelice Borghese, l’ho anco d’altre parti, e viene donde esce ogni falsità e bestemmia. Le bacio la mano.

Venezia, il 6 gennaio 1609.




LIII. — Al medesimo.1


Mi scrisse per lo spaccio passato il signor Castrino, d’aver inteso dove si ritrovava il libro De modo agendi; ed io gli risposi avvertendolo che in Ingolstat fu stampato un libro di tal titolo, autore Giacomo Gretsero Gesuita, in risposta e per apologia di quello che io ricerco; e che questo si ritrova qui: e per tanto, se fosse esso il ritrovato, non pigliasse incomodo. Per ciò non vorrei che V.S. per compiacermi pigliasse tanto pensiero. Se verrà occasione che possa esser soddisfatta la mia curiosità, facilmente, mi sarà grato: con incomodo di V.S. non vorrei; la quale veggo che non omette opera alcuna,


  1. Edita: come sopra.