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lettere di fra paolo sarpi. 235

nanzi varrò a indicare un temperamento legittimo che sia atto a rintuzzare quelle armi brutali.1 Perocchè il procedere solo in via di fatto mena sovente a disordini, i quali soprattutto in istato libero sono pieni di nocumento.

Che i papisti s’adattino a ridursi nelle loro competenze, la S.V. non lo speri. Fra i cupi arcani di tale dominazione, questo hanno per fermo: lo sminuire anco d’un atomo quella infinita e strabocchevole potestà, suonar lo stesso ch’esautorarsi interamente. Creda Ella a me, che son pratico di tali faccende; tanto inconsideratamente battaglieranno, come se pericolassero fede e patria, da sostenere che il papa sta sopra ogni dritto, che è infallibile e che uomo di sorta non può addimandargli: Perchè adoperi a questo modo? E con buono avvedimento, per fermo; poichè, fate che una piccola goccia d’acqua si trafori in quegli argini, e voi gli vedrete tutti in un attimo convertiti in fiumi.2

Questa repubblica di siffatte disposizioni tenendo conto, scosse quel potere; quando non s’era mai inteso fin qui che un interdetto pontificio, con tanta


  1. Che direbbe il buon Sarpi se vivesse oggi, e contemplasse questa perpetua tortura dei preti che ripugnano di sottoporsi agli arbitrii ed alle tirannie romanesche? Avviso a chi spetterebbe di ripararvi.
  2. Qual verace pittura della corte di Roma ai nostri tempi! Non paiono scritte proprio oggi queste parole? I grandi geni hanno un tal senso divinatorio, che gli differenzia dal volgo dei mediocri e de’ piccoli. Il curioso è che la interrogazione al papa: Cur ita facis? sta anche nel Gersone; come vedrai nelle Nuove e urgenti ragioni per la causa italiana del P. Bobone, recate in volgare dal Sancasciani e venute a luce il 1862, pei tipi di G. Barbèra.