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lettere di fra paolo sarpi. 323

C. — A Francesco Priuli.1


Dovendo io aver rispetto di non riuscire tedioso a V.E. con usare le umili parole di soggezione che debbo, le tralascerò così in questa, come nelle altre mie seguenti. Per la passata, qual’inviai a dirittura per il corriero, non essendo in Venezia gl’illustrissimi di casa sua, le diedi qualche avviso particolare nel caso dell’abate Cornaro. Ora le dirò di più, ch’è arrivato a notizia della santità del pontefice il proclama; al che non ha detto altro, salvo che: Il caso è gravissimo, e crediamo che quei signori si valeranno dei privilegi che hanno dalla Sede apostolica, con l’assistenza del patriarca. Per la seguente posta averemo quello che sarà stato detto della sentenza; ma frattanto alcuni considerano quanto facilmente gli uomini perdano la memoria quando loro torna utile. Al pontefice, alloraquando nel 1605 nacque controversia sopra il giudicar ecclesiastici, fu risposto per lettere del Senato sotto li 28 marzo 1606, che la Repubblica ha ricevuto da Dio la potestà di giudicare li delinquenti nel suo Stato di qualsivoglia condizione, e contro gli ecclesiastici rei di delitti enormi, l’ha esercitata sempre senza interruzione, con l’approvazione de’ suoi precessori, li cui brevi restano. La corte non può sentir questo, che principi possano punir cherici se non per concessione del papa: il che, oltre l’essere falso, non può essere di maggior pregiudizio all’autorità temporale; perchè come non sii da Dio


  1. Tra le Opere di Fra Paolo ec. (Vedi la nota alla Lettera XCVIII), pag. 124.