Pagina:Sarpi - Lettere, vol.1, Barbèra, 1863.djvu/438

Da Wikisource.
378 lettere di fra paolo sarpi.

sona di un prete Marchiano condannato: per il qual successo, se a Roma non si farà motto (come credo), potremo dire che le ragioni della Repubblica sono ben sigillate. Ma, per ogni buon rispetto, ho voluto dar un conto del fatto a V.E. in questa.

Essendo il mercordì decretata la condanna del prete, fu la mattina seguente avvisato il patriarca, e ricercato della degradazione. Il quale prontamente rispose, che non avrebbe mancato; ma il venerdì mattina, tutto mutato per quelle ragioni che ognuno può pensare, somministrategli da’ suoi maggiori, mandò a dire che non poteva far quell’offizio indegno personalmente, nè aveva suffraganeo da commetterlo; e trattò forse con più risoluta maniera di quello che conveniva. Quell’istesso giorno, in Consiglio non mancava chi proponeva di comandare assolutamente che lo facesse; ed altri che consideravano, questo essere un legarsi per sempre ad aspettare la degradazione: onde, ben pensate le ragioni da una parte e dall’altra, fu deliberato tener più conto delli rispetti futuri, che di quello meritasse un particolare contumace; e dato ordine che la condanna si eseguisse, senz’altro. Non possono gli ecclesiastici dolersi di ciò, perchè la degradazione è una pura cerimonia, che non fa cosa alcuna di reale; atteso che, secondo la dottrina della Chiesa romana, gli ordini non si possono mai levare dall’ordinario, nè la degradazione leva altro che la esecuzione, siccome anco la sospensione; e se un degradato si restituisce, non si riordinerebbe; ed il degradato ha la stessa potestà di consecrare e far le altre funzioni, se ben pecca facendole: il che conclude che la degradazione è cerimonia non necessaria. Si ag-