Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/121

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lettere di fra paolo sarpi. 113

ne ho informazione alcuna: bene intenderei volentieri che cosa fosse. La deliberazione di Casaubono di passar in Inghilterra, è manco male che l’altra già messa in consultazione; sebbene è da dispiacere che abbandoni cotesto regno.

Dio faccia che l’assemblea degli ecclesiastici partorisca bene: di che dubito, come cosa insolita. Gran punto è il dimandare una religione, essendo cosa che, trattata senza gran prudenza, potrebbe causare una guerra civile. Il levare l’appellazione tamquam ab abusu che domandano, non può nascere se non da poca cognizione; e non so se io debba compararli al fanciullo che domanda alla madre uno scorpione per giuocare con quello, non avendo cognizione del veleno. Di ragione dimanderanno anco il Concilio di Trento. Io prego V.S. che di queste cose, come anche della causa di precedenza tra il Parlamento e ’l vescovo, e della lite dei Gesuiti con i monaci di San Germano, si degni alla giornata, quando sia senza suo incomodo, dirmene i successi.

L’annotazione del signor Giustello sopra il Codice della Chiesa universale,1 la vado gustando, e ci trovo scelte fatte con esquisito giudizio. Quando le avrò finite tutte, scriverò il mio parere a quel signore, e manderò la lettera a V.S.

Il libro degli opuscoli dello Scaligero,2 V.S. avrà comodo di mandarmelo pel signor ambasciadore Nani, che verrà costì presto; ovvero pel signor Agostino Dolce, segretario di quell’ambasceria; ovvero


  1. Cristoforo Giustel, autore di un’opera intitolata: Codice dei Canoni della chiesa universale.
  2. Giuseppe Scaligero, figlio di Giulio Cesare, e che l’anno innanzi era mancato di vita in Leida.
Sarpi. — II. 8