Pagina:Sarpi - Lettere, vol.2, Barbèra, 1863.djvu/399

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lettere di fra paolo sarpi. 391

mi fece stomaco il vedere come quella generazione si prenda giuoco con sì gran tracotanza di tutti quanti. Anche qua di fresco macchinarono certe trame contro questa Repubblica; ma io spero di ovviarci sì presto, che pel venturo corriere le darò ragguaglio sì degli artificii e sì dei rimedi: il che confido debba essere di salutifero esempio anche agli altri.

Mi accorgo d’aver fatto una giunta più lunga della stessa lettera; di che la prego a scusarmi e a volermi il consueto bene. Mentre, poi, le bacio le mani, le raccomando di trasmettermi ogni deliberazione che sarà presa da cotesto Senato intorno all’opuscolo del Sindaco. Di nuovo, salute. Se corsero vive parole fra il principe di Condè e il cardinale Perron in ordine al libro del Sindaco, la cosa non si fermerà lì; e se il principe si capacita di quella dottrina, io m’auguro (checchè altri opinino in contrario) che ne verrà bene non solo alla Francia, ma ancora all’Italia. Il tempo chiarirà quello che tra loro passa; e però prego la S.V. a scrivermi se si confermi la veracità di quel che si va bucinando, e d’altro ancora.




CCXXXVI. — Al medesimo.1


Rendo infinite grazie alla S.V. per la raccolta inviatami delle dottrine cavate dal libro del Becano. Io ho messo alla prova tutti i mezzi per avere da Roma la censura di quell’opera; ma non vi sono


    nasi, poniamo sott’occhio le parole stesse dell’originale; cioè: Trecensem narrationem legi cum indignatione ec.

  1. Stampata come sopra, pag. 113.