Pagina:Satire (Orazio).djvu/34

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Che mai ti valse il rivestir la toga
D’ostro fregiata, che ti valse, o Tullio,
L’esser fatto tribun? Crebbe l’invidia,
40Che ad uom privato è meno infesta e grave.
Tosto che un qualche pazzo in negra pelle
S’avviluppò le polpe, e sovra il petto
Mandò giù penzolone il laticlavo,
Ode intorno gridar: chi è costui?
50Qual è il suo genitor? Non altrimenti
Che se preso talun dal mal di Barro,
Aspirasse all’onor di parer bello,
Desterebbe talento, ovunque andasse,
Nelle fanciulle d’esplorar minuta ―
55Mente qual sia il suo volto, e qual la gamba,
Il crine, il dente, il piè; tal chi promette
D’avere in cura i cittadin, la patria,
E l’impero, e l’Italia, e i sacri templi,
Sforza tutti a cercar cupidamente
60Qual sia suo padre, o s’ei da madre oscura
Contrasse macchia. Ed oserai tu figlio
D’un qualche Siro, o Dionigi, o Dama
Precipitare i cittadin Romani
Giù dal Tarpeo? tu dargli in braccio a Cadmo?
65Ma Novio mio collega è pure un grado