Pagina:Satire (Orazio).djvu/38

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Non è mia colpa, se bennati e chiari
Non ho parenti. Da costoro è troppo
130Il mio parlare e il mio pensar discorde.
E se Natura in una certa etade
A rifar ne obbligasse un nuovo corso
Di vita, e a scerre i genitor per pompa
A piacer nostro, io pago appien de’ miei
135Non vorrei già pigliarmen altri illustri
Per chiare insegne e per eburnei seggi;
E in ciò dal vulgo di baccello il nome,
Ma da te forse quel di saggio avrei,
Perch’io sdegnassi di portare un peso
140Alle mie spalle disusato e greve.
Chè procacciarmi allor tosto dovrei
Maggiori arnesi, visitar più gente,
In pronto sempre aver più d’un compagno
Per non andar solo in viaggio o in villa,
145Mantener più staffieri e più cavalli,
Nè di belle carrozze aver penuria.
Laddove or fino a Taranto, se il voglio,
Posso ir con un muletto senza coda,
Che abbia laceri e guasti i fianchi e i lombi
150Dalle bisacce e da chi gli è sul dorso.
Nessuno a me rinfaccerà sozzure