Pagina:Satire (Orazio).djvu/90

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

92

Le man di borgo in borgo ogni mattina,
A gran voce gridando: O dei, me solo
430Solo scampate dal poter di morte;
Che poco o nulla costa a voi tal grazia.
Ei d’ambe orecche ed occhi era ben sano,
Ma non per sano di cervel l’avria
Padrone esperto in litigar, venduto.
435Alla razza feconda di Menenio
Tal gente ancora è da Crisippo ascritta.
Dice una madre, che da quattro mesi
Tien di quartana infermo un figlio a letto:
Gran Giove, che ogni mal ne mandi e togli,
440Se dal febbril ribrezzo il mio bambino
Scampi, nel dì, che il tuo digiun prescrivi,
Del Tevere starà nell’acque ignudo.
Dal medico o dal caso è risanato;
La madre delirante col calarlo
445Giù dalla riva nella gelid’onda,
Se non l’affoga, gli rinnova il male.
Qual frenesìa sconvolse a lei la mente?
Vano timor de’ numi. ― Ecco di quali
Armi guernito m’ha Stertinio amico,
450E tra i saggi l’ottavo, affinch’io possa
Di chi m’insulta far le mie vendette.