Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/115

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sapienza di trimalcione 59

che gli giovasse; diffatto i medici vietano il contenersi; che se maggiori bisogni sentiste, qui fuori tutto è disposto, acqua, vaso e le altre minuzie. Credetemi che quando i vapori montano al cervello, cagionan poi la flussione in tutto il corpo. Io so che molti son morti per non aver voluto persuadersene.

Noi di quella sua liberalità e indulgenza il ringraziammo, soffocando poi le risa con frequenti bicchieretti bevuti a sorsi. Nè sapevamo che in mezzo a tante lautezze noi fossimo ancor, come dicesi, a metà del cammino. Allora diffatto levate a suon di musica le mense si condussero nel triclinio tre bianchi maiali, ornati di nastri e di campanelli, de’ quali il cerimoniere diceva aver uno due anni, l’altro tre, e il terzo esser già vecchio. Io mi pensai che insieme ai porci venissero i giocolieri, onde, com’è costume ne’ circoli, far qualche maraviglia. Ma Trimalcione prevenendo ogni dubbio, qual di codesti, disse, amereste voi che in un istante si mettesse in tavola? Così i fittaìuoli pur fanno de’ polli, d’un fagiano o di simili bagattelle: ma i miei cuochi usano cuocere un vitel tutto intero. E in questa fe’ chiamare il cuoco, cui comandò, senz’altro aspettare la nostra scelta, che ammazzasse il più vecchio. Poi ad alta voce gli chiese: di qual decuria sei tu?54 e avendogli risposto, della quarantesima, gli disse: fosti comperato o nascesti in casa? Nè l’un nè l’altro, rispose il cuoco, ma vi fui lasciato per testamento da Pansa. Bada ben, gli soggiunse, a sollecitarti, altrimenti io ti caccerò nella decuria de’ lacchè. E così il cuoco da questa minaccia stimolato andossene col maiale in cucina.

Trimalcione dipoi rivoltosi a noi dolcemente, se il vino non vi aggrada, ci disse, lo cambierò, ma stà a voi il mostrar che vi piaccia. Grazie al cielo, io non lo compro, ma ogni cosa che spetta al gusto nasce in un mio campetto, che io per altro ancor non conosco.