Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/122

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66 capitolo quattordicesimo

    I nostri affari e noi.
    Ma a che darci pensiere?
    6Versa, fanciul, da bere.


Questo epigramma diè occasione di parlar de’ poeti, e lungamente si lodò il merito de’ versi di Marso di Tracia,62 finchè Trimalcion disse: io ti prego, Agamennone, che tu mi dica qual differenza passi tra Cicerone e Publio?63 io credo che l’un fosse più eloquente, e l’altro più dilicato. Cosa può dirsi meglio di questi versi?


Sol di lussurie
    Or, Roma, hai cura,
    E imputridiscono
    4Le marzie mura.64

Il pavon, vittima
    Del tuo palato,
    Per te si pascola
    8Nello steccato.

Tu vesti l’aure
    Sue vaghe piume
    Con babilonico
    12Molle costume.

Tu le numidiche65
    Chioccie manuchi,
    Tu i galli morbidi
    16Già fatti eunuchi.

L’errante, ed ospite
    Cicogna grata,
    Pietosa, gracile,
    20Ai fischj usata;