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Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/299

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note 243

Pag. 62, lin. 10.

Questa storia non è, come le passate, un sogno. Plinio la riferisce al cap. 26 del libro 36, e Dione ed Isidoro. Costoro assicurano che l’artefice fu messo a morte, e Plinio dice che gli furon distrutti gli utensili e le fucine per ordine di Tiberio. Ecco una delle molte arti che sono perdute con danno della società.


Pag. 63, lin. 5.

Altre storielle, come quella di Annibale dinanzi a Troia. Gli anacronismi sono perdonabili ai Trimalcioni.


Pag. 63, lin. 25.

Sorta di ballo non troppo modesto che si fa tra due o più persone girando intorno intorno. Così alcuni credono fosse questa danza, che Petronio chiama Cordace, e di cui fa cenno Meursio nella sua Orchestra. Credo che possa compararsi alla nostra friulana, che alcuni dicon furlana, ovvero alla monferrina.


Pag. 65, lin. 21.

Dicono alcuni che tra le superstizioni de’ Romani quella vi fosse di fasciarsi le ferite con lana rossa, e che di aver usato goffamente la bianca fosse qui castigato lo schiavo. Io credo che Petronio, come in tutta questa descrizione, così in questo luogo abbia invece espressa una caricatura di Trimalcione, come colui che in qualunque caso voleva ottenere le distinzioni cui pretendeva.


Pag. 66, lin. 5.

Domizio Marso, di cui sappiam da Marziale che avea composto un poema in lode delle Amazoni.


Pag. 66, lin. 8.

Publio Siro, quello stesso che Trimalcione poco sopra imitò ponendosi le mani sulla fronte. Egli era eccellente scrittor di commedie, e più eccellente attore. Fu il Molière de’ suoi giorni. Ma come si può paragonare il comico Siro all’orator Cicerone?