Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/286

Da Wikisource.
230 lettere

scherzo è qui di Petronio, dopo aver sempre nominata la donna o matrona o mulier, uscire in questo mulierculae? non so vederlo. Mi creda (vorrei quasi dirle), noi mettiam forse in capo agli scrittori morti di quelle cose, che loro non passarono mai per la mente. Dica il medesimo del ripeter le voci medesime, l’una vicino all’altra. Io notai in Cicerone e nel Boccaccio e nei Classici, come essi non posero punto cura a queste sottili osservanze: e quando la voce va bene nel luogo suo, ve la lasciano: e stieno le altre simili nel loro luogo. Questo ho notato io così mille volte come una. Il prima nocte debba essere sul far notte, o sull’annottare. Quanto al partem corporis, ec. ella nota bene quel medesimo che io: ma qual bisogno è così stretto del’astinenza, o dell’astenere quando altri verbi e modi dicono quel medesimo? Se le piace questo. Nè in questa parte fu più ritrosa la donna (ed è coperta l’oscurità col parte, la quale ha doppio senso e triplo, non dicendosi parte del corpo), stia con esso; ovvero pigli questo: Nè in questa parte fu la donna più continente, ovvero ritenuta; che in fine in fine hanno in corpo lo abstinuit. Ma perchè non s’acqueta ella del più chiaro, pel clarius. Or non è troppo ragionevole che in quei sepolcri (erano molti) fossero molti lumi? e che quel della matrona avesse fiamma più chiara, essendo dalla fante rifornito d’olio, che non erano gli altri? Tornando al corporis partem: or non sarà inteso il volgare, se non leggendo il latino? egli dee così essere inteso in latino come in volgare; e chi non intende quello, nè questo.

Questo mi pare che basti; e mi creda con vero affetto.

Tutto suo A. Cesari.

Verona li 9 Febb. 1826.

Al Chiar. Sig. Professore
Sig. Carlo Bologna
nel Seminario

a Vicenza