Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/45

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stro abbellita nel libro delle Novelle Amorose degli Accademici Incogniti di Cremona per opera di Alessandro Campeggi nel seicento, poi dal dottissimo Eustachio Manfredi verso la metà del settecento, e finalmente ai dì nostri dal pulitissimo scrittor di Novelle e mio vecchio e vero amico il P. Cosimo Galeazzo Scotti Barnabita, che nella prima parte delle sue graziose Giornate del Brembo stampata in Cremona nel 1805 ne fa soggetto della sua seconda novella. Ad essa alluse eziandio Voltaire nel suo Zadig, che unitamente al Candido, e ad altri ingegnosi romanzi di tanto scrittore, può a buon diritto alla Satira di Petronio confrontarsi.

Il P. Bisso ristampando a Palermo nel 1755 la testè citata opera del P. Beverini, e rendendo toscanamente i bei modi di dire degli enunciativi Triumviri della latinità, può parimenti annoverarsi tra coloro che qualche cosa del Petronio hanno tra noi volgarizzato. Luigi Sanvitale nella prefazione del suo bel Saggio di Novelle ultimamente pubblicato in Parma coi tipi Bodoniani pretende altresì che dal Petronio abbia tratta il Boccaccio la sua Novella del Re di Cipri.

Di buon grado pertanto alla fatica di questa traduzione mi sono io indotto non solamente, per alleviamento dell’animo, e per esercitazione nelle due lingue, ma sì anche per compiere la serie de’ volgarizzamenti, la quale per la mancanza di questo nella sua totalità rimaneva interrotta. Nulla però oserò io dire di questa mia versione, salvo esser ella fedele e letterale sino allo scrupolo; imperocchè non sono io del parer di coloro, i quali dall’una all’altra lingua traslatando uno scrittor classico, si permettono di fargli dir cose o non dette o diversamente dette, ed altre aggiugnerne, ed altre sopprimerne, e in somma dargli una forma del tutto diversa, non si curando nè de’ costumi, nè delle cognizioni del secolo in cui visse l’autore, per farlo parere aver vissuto in quello del traduttore. Il qual metodo potendo