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Pagina:Scherzi morali del prof. Francesco Rapisardi, Catania, Pastore, 1868.djvu/30

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Zizi! zizi! mentr’egli rende il dono
     A lei punzecchierò quel bel visino,
     E in un tutte darem nel grato suono,
     Sì ch’egli, che è cotanto gentilino,
     Scacciar ei tenterà una per una,
     Qual fa la mamma al bambolino in cuna.
Uh! uh! come s’affanno, e si dimena
     A far che quel visin non sia toccato.....
     Ma già sento gridar: Fuori di scena.
     Al second’atto, su, che abbiam tardato.
     E noi ritornerem quali eravamo,
     Giacchè null’altro più veder possiamo.
Ecco un’altro ritratto. Lo vedete
     Quel giovin, che vuol farla da poëta?
     Un pochin di silenzio, e ben vedrete
     Come giunto è sì presto all’alta méta
     Di poëtar con grazia, e dar diletto.
     Conoscer lo volete? E un’Architetto.
Oh! va là, che ti frulla per la testa?
     Va a far de’ Cimiteri, se pur sai!
     Talia non dorme, no, mai sempre è desta,
     Ingannarla con ciance non potrai,
     Perchè sa ben chi sono i figli suoi,
     E che razza di versi, i versi tuoi.
Ma giacchè vuoi cantar, via, canta pure,
     Bada, bada però d’esser conciso,
     Nè robba mi cantar da sepolture,
     Perchè a genio mi va sempre il sorriso.
     Tienti la voce, su, favella adesso,
     Non abusar però del mio permesso.

     — Se condonar volete, signori, il verso mio,
Ho di cantar stasera grandissimo disio.
A ciò mi spinge il debito d’alta riconoscenza,
Vorrei ben far, ma dubito, che non ne avrò polenza,
Perdonerete unanimi, spero, l’audacia mia,