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— Sta calmo, via, rinfrancati,
Siam presso al sorbettiere,
C’è ghiaccio, e tanto incendio
Spegner si può col bere. —
— Che, che? Qua’ detti mormori?
Qual nome profferisti? —
— Amico, calma, abbracciami,
Che non ci siam mai visti? —
— La Bere mia?... O giubilo!
Dov’è.... Tu vista l’hai?
Ah! vieni, ah! vieni, subito,
Ad incontrarla ormai.
A riveder quell’angiolo
Dal ciel venuto in terra....
Sì, sì, siam giunti, or eccola
Chè ’l guardo mio non erra. —
Qui, con un po’ di pausa,
La musa ancor s’arresta
A contemplar quell’idolo
Che innamorò il suo Besta.
Era un fantoccio, ingenuo
Giuoco di fanciulletta.
E non è scherzo, o favola,
Che mi sia stata detta.
Con gli occhi mie’ medesimi
L’ho conosciuto io stesso,
E a veder meglio limpido
L’occhial m’avevo messo.
Per ben più dì, celandomi
Con persistenza vera,
Di dietro a Besta, intrepido
Corsi da mane a sera.
Lo vidi nel più fervido
Spasmo di vivo amore,
Chi nol compiange è stupido,
O non ha in petto un core.