Pagina:Schiaparelli - Scritti sulla storia della astronomia antica, II, 1926.djvu/344

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dei sistemi planetari da talete a keplero 335

d’alcuno di tali problemi certamente si occuparono, ed in scritti speciali oggi perduti ne fecero pubblica discussione. Aristarco è da credere sia stato quegli, che trasse le ultime conclusioni, e fra le altre cose fece vedere come nel sistema eliocentrico si presenti la varietà dei giorni e delle notti, e la teoria delle stagioni. Egli rispose ancora alle obbiezioni dedotte dalla parallasse delle stelle fisse, alla quale del resto pare già avesse provveduto Eraclide, col supporre infinito il mondo.

In una breve rassegna è impossibile dar pieno conto di tutte queste particolarità così interessanti per la storia dell’ingegno umano, e seguire l’autore nella esposizione di ciò che diventarono le ipotesi geometriche sul sistema del mondo nelle mani di Apollonio, di Ipparco e di Tolomeo. Qui gli eccentri fissi e mobili e gli epicicli sono diventati strumenti d’uso corrente per rappresentare qualunque anomalia, press’a poco come oggi nell’Astronomia e nella Fisica si applicano dappertutto la serie di seni e coseni e le funzioni sferiche. In quel tempo cadono altresì i tentativi di determinare, oltre alla disposizione del sistema cosmico, anche le dimensioni delle sue diverse parti. Un discreto successo era stato raggiunto da Eratostene nella sua misura della Terra, e da Ipparco nella determinazione della distanza e grandezza della Luna. Ma della distanza del Sole non si cominciò ad aver un’adeguata idea che alla fine del secolo XVII.

Il dovere dello storico obbliga l’autore ad accompagnare le idee cosmologiche nel loro moto retrogrado attraverso i secoli del Medio Evo, durante i quali la luce della scienza, quasi del tutto estinta in Occidente, fu conservata più o meno fedelmente presso le grandi nazioni orientali, e principalmente presso gli Arabi. Questi ultimi nei loro calcoli generalmente si attennero alle teorie dell’Almagesto, modificando soltanto le costanti secondo le nuove osservazioni, senza introdurre del resto novità di molta importanza. Ma dopo che le teorie aristoteliche ebbero acquistato favore anche presso di loro, si nota una tendenza a ritornare verso le ipotesi omocentriche adottate come sue da quel gran filosofo. Interessanti sono le notizie che porge l’autore sulle innovazioni proposte nel secolo XII da Ibn Badja di Saragozza, il quale proponeva l’abolizione degli epicicli; e su quelle di Ibn Tofeil di Granata e del suo discepolo Alpetragio, i quali, aboliti anche gli eccentri,