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358 studi greco-indiani

che il numero dei grani di arena sia illimitato. Parlo non già solo della arena che si trova intorno a Siracusa e in tutta la Sicilia, ma anche dell’altra che esiste in tutta la terra abitata ed inabitata. Altri poi non riguardano tal numero, come illimitato, ma dicono non esser mai stato nominato un altro numero maggiore di quello». In queste parole sembra implicata la confessione, che simili questioni già prima siano state da altri discusse. Archimede non pretende che due cose; l’una è di decider la questione coll’aiuto dei teoremi geometrici relativi al volume della sfera, l’altra è d’impiegare un sistema di progressione numerica già per l’avanti da lui immaginato. Di queste due cose non si trova nel Lalitavistara alcuna ombra. Non vi è dunque contraddizione alcuna.

La congettura di Woepcke sembra anzi favorita da più considerazioni generali. Ci sembra infatti che quel popolo, il quale mostrò sempre un’attitudine speculativa così grande per le meditazioni sui numeri, che secondo l’universale opinione inventò l’aritmetica di posizione1, che elevò l’algebra ad un punto raggiunto dagli occidentali soltanto nel secolo XVIII, abbia potuto anche fin da principio esser maestro anzichè discepolo. Tale congettura spiega altresì le incontrastabili, eppure enigmatiche tracce di notevoli cognizioni algebraiche presso i Greci di epoche comparativamente rimote2.

Non vogliam tuttavia tacere una difficoltà che qui si è presentata alla nostra mente. Nelle comparazioni di misure del Lalitavistara occorre frequentemente il rapporto 7; è questo un numero indiano3? Esso non è certamente neppur greco. Al più sappiamo da Erodoto, che i Babilonesi, oltre al cubito di 6 palmi avevano anche il cubito reale di 7 palmi. Tutto ben pensato, dobbiamo qui limitarci ad esprimere la speranza che

  1. Nulla importa qui che si ammetta l’idea di Woepcke, secondo cui le cifre Gobar sarebbero lettere iniziali dei nomi numerali indiani nel secondo secolo, oppure che si voglia, come fa il Burchell (luogo citato, pp. 47-48, nota 2), supporre derivate quelle cifre da segni numerali non alfabetici che s’incontrano in iscrizioni d’ipogei appartenenti a quell’epoca.
  2. Più dimostrazioni di ciò si posson vedere nel nostro libro sugli Agrimensori Romani.
  3. La proporzione 7 abbiamo incontrato presso gl’Indiani una sol volta presso Bhâskara nel rapporto 1 dhâtaka = 14 vollas. Cfr. l’opera di Colebrooke, Algebra with Arithmetic and Mensuration from the Sanscrit (Londra, 1817), p. 2. La qual opera citeremo d’or innanzi brevemente col semplice nome: Colebrooke.