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l'opera di giovanni schiaparelli 301

Non hodie Cadmus non Trojae victor Atrides,
Non pius Aeneas carmine dignus erit.
Quid actis opus est implere poëmata fastis?
Vera mihi astrorum candida Musa canit.
Audi, quae Insubricis prod it miracula ab oris
Urania, Вatavo ludere docta vitro.
Aspice, quas mutat facies Mavortius aster,
Dum vice perpetua vertitur axe suo.10
Ecсе novos poteris visu discurrere mundos,
Nulli terrigenûm litora visa prius:
En sulcos duplices, rutilo quos duxit in orbe
Ignotus terris Daedalus arte nova.
Hic prope Thaumasiam protenditur Aurea Сherso,
Illic gemmifero clauditur ora sinu;
Nec minus Ausoniae longos mirabere tractus,
Caerula Thirrhenii quam subit linda maris.
Adsunt infausto signatae nomine Syrtes
Urget quas Titan ignipotens radiis,20
Et quae laetificat florentia litora Ganges,
Et Thule, algentis condita nocte poli.
Ecce Acheronta vides nigros devolvere fluctus,
Vatibus et clarum jam Simoenta vides;

         Non più oggi Cadmo, non più l’Atride vincitore di Troia, non il pio Enea sarà meritevole di poema.
         A che pro riempire le carte di glorie immaginarie? A me sincera Musa canta la scienza degli astri.
         Odi quali maraviglie dalle insubri terre esprime Urania, esperta nel trattare le batave lenti.
         Osserva quanti aspetti assume la stella di Marte, mentre con perpetua vicenda sopra il suo asse si gira.
         Ecco: ben potrai scorrere con l’occhio attraverso nuovi mondi, plaghe prima d’ora non viste da alcuno de’ mortali;
         oh! i doppi canali, che nel fiammeggiante spazio con nuova arte tracciò un Dedalo sconosciuto!
         Qui, presso la Taumasia, si stende l’aurea Chersoneso, di lì la regione è circoscritta dal gemmifero golfo:
         nè ammirerai meno il lungo percorso d’Ausonia, cui bagna la cernia onda del mare Tirreno.
         Seguono le Sirti, designate con nome che suona sventura, e l’ardente Titano le dardeggia della sua luce:
         e i lidi fiorenti, che rende lieti il Gange, e Tule confinata nella notte del gelido polo.
         Ecco, tu vedi Acheronte volgere i nevi flutti, vedi anche il Simoenta, già ben noto ai poeti.