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il principio di relatività e i fenomeni ottici 81

l’altra è di un’ora (3600 sec ) quando venga misurato sugli orologi fissi, il tempo stesso, valutato dal macchinista, è dato dal numero più piccolo , dove è il rapporto tra la velocita del treno e la velocità della luce. La differenza tra i due numeri è estremamente piccola per le velocità cui siamo abituati, ed anche per i moti dei corpi celesti. Si pensi che un orologio terrestre ritarderebbe sopra un orologio fissato sul sole di 15 secondi ogni secolo!

La osservazione è tuttavia notevole, specialmente quando si rifletta al significato fisico dell’unità di tempo, che è il periodo di una determinata radiazione. Risulta intatti che l’analisi spettroscopica dovrebbe essere in grado di rivelare non solo i movimenti che hanno luogo nel senso del raggio luminoso, ma anche gli spostamenti normali, purchè abbastanza rapidi. Se la nostra Terra percorresse la sua orbita con una velocità cento volte superiore a quella che ha, o se i nostri strumenti fossero diecimila volte più sensibili, uno spettroscopio puntato sul sole permetterebbe di scoprire questo movimento. Il principio di Doppler assume dunque un carattere più complesso nella cinematica di Einstein che nella trattazione ordinaria.

Ad ogni astro vagante nel cielo spetta un determinato tempo, che l’astro può comunicare ad un corpo in quiete rispetto ad esso, ad ogni punto dell’universo che si consideri trasportato da esso; è il tempo locale di quell’astro. Un osservatorio, situato sulla Terra o sul Sole, potrebbe registrare sopra altrettanti orologi i tempi locali di varie stelle. Questi orologi sarebbero tutti discordi tra loro, e tutti ritarderebbero sull’orologio che segna il tempo locale dell’osservatorio.

Ora quel disaccordo porta una conseguenza paradossale, che viene a turbare profondamente una delle idee più radicate nel nostro spirito: il concetto della contemporaneità dei fenomeni. Supponiamo che una esplosione solare ed una perturbazione magnetica sulla Terra avvengano contemporaneamente; intendiamo dire (tenuto conto del tempo impiegato dalla luce a giungere sino a noi) che l’astronomo avverte il fenomeno solare 500 secondi dopo che l’ago magnetico ha subito un brusco spostamento. Noi siamo portati a ritenere che qualunque spettatore sperduto nell’universo, il quale potesse scorgere i due fenomeni, li giudicherebbe ancora contemporanei, tenendo conto, ben inteso, dei ritardi dovuti alla trasmissione luminosa. Ma le cose non stanno in questi ter-

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