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traslatorio uniforme, viene per ciò stesso a subire una contrazione nel senso del moto.

Quest’affermazione, così brutalmente enunciata, sa subito di paradosso. Essa contiene infatti un’apparente contraddizione in termini. Si parla d’una sbarra rigida, e poi nel momento in cui la rigidità deve giuocare, rivelandosi nell’invarianza della lunghezza durante il movimento, s’afferma che la sbarra s’accorcia. Ma insomma, è rigida o no questa benedetta sbarra?

La prima volta che Lorentz, per completare il quadro dei fenomeni ch’egli voleva spiegare colla sua teoria, ha parlato di questa contrazione, Poincaré ha affermato piacevolmente che si trattava di un «coup de pouce». Ma dal 1904 in poi la cosa è stata notevolmente chiarita dalle ricerche dell’illustre fisico olandese, alle quali si riattaccano le analisi accurate e profonde fatte successivamente da Einstein e da Minkowski;1 così che oggi si può stabilire facilmente la portata del «coup de pouce» lorentziano.

Figuriamoci ancora il nostro spazio in quiete — rispetto alle stelle fìsse — e l’ambiente mobile, animato da moto traslatorio uniforme, entro cui abbiamo poco fa definito il tempo locale. Un medesimo fenomeno si presenta con apparenze diverse, secondo che venga osservato dallo spazio in quiete, o dall’ambiente mobile: si ha così un’immagine del fenomeno in ciascuno dei due spazi. Ognuna di queste immagini è determinata da un certo sistema di valori, che ne assegnano il luogo e il tempo nel relativo spazio. Il legame fra i due sistemi di valori, espresso in termini algebrici, dà la cosidetta trasformazione di Lorentz.

Nella elettrodinamica dei corpi in moto, il gruppo delle trasformazioni di Lorentz compie lo stesso ufficio, che, nella dinamica classica, è adempiuto dal gruppo delle traslazioni: anzi, quando la velocità della luce si possa ritenere praticamente infinita, il gruppo di Lorentz riducesi senz’altro al gruppo delle traslazioni.

Una volta ottenuta l’espressione effettiva della trasformazione di Lorentz, con facili sviluppi, che certo non è qui

  1. Einstein, Zur Elektrodynamik bewegter Körper (Annalen der Physik, Bd. 17, Leipzig, Barth, 1905) pp. 891-921. — Minkowski, Baum und Zeit («Jahresbericht der deutschen Methematiker-Vereinigung», Bd 18, Hft 2, Leipzig, Teubner, 1909) pp. 75-88.