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ipotesi e realtà nelle scienze geometriche 29

il caso di esporre, si riesce a determinare la lunghezza d’una sbarra rigida, collegata coll’ambiente mobile, rispetto ad un’unità di misura, la quale sia restata in quiete. Il numero che s’ottiene è diverso da quello che esprimerebbe la misura della sbarra, se pur essa fosse rimasta immobile. Ed è così che vien fuori la contrazione! Nè ripugna ammettere che si possa tisicamente arrivare a constatarla, mediante strumenti e dispositivi opportuni.

Ma allora, l’assioma della congruenza delle figure, che prima dichiarammo in un certo senso a priori rispetto all’esperienza, sì da dover esser posto alla base di ogni geometria che voglia rispecchiare una forma d’esteriorità, viene in tal modo demolito?

Adagio! Quell’assioma derivava dalla relatività della posizione e chi lo salva, nonostante la contrazione lorentziana, è ancora il principio di relatività. Per l’osservatore che è trascinato solidalmente coll’ambiente mobile, e che prima della partenza pel viaggio traslatorio si era munito della sua brava unità di misura, la sbarra non si contrae affatto. Il principio di relatività esige appunto che il risultato ottenuto entro l’ambiente mobile mediante successive sovrapposizioni dell’unità sulla sbarra, sia lo stesso di quello che s’otterrebbe se osservatore, sbarra e unità di misura fossero in quiete.

Per continuare senza sconcerto ad affermare che la sbarra che noi sentiamo sì solida e resistente, è veramente rigida, basterebbe che ci incomodassimo a seguirla nel suo viaggio!

Padova, Università.

Francesco Severi